giovedì 28 giugno 2012

Le cose che non so dire.


Per me Roma sa di rinascita.

Sa di aria nuova.

E’ il cercarsi e il non ritrovarsi mai, nelle strade, nell’architettura dei palazzi, nel cielo inclemente che sembra voler contenere tutti gli umori del mondo nelle sue nuvole.
E’ il cercare di memorizzare ogni particolare.

E’ il perdersi in un quadro di Corot e di Van Gogh e ridere del povero De Chirico.

E’ guardarti mentre con gesti di consumata consuetudine metti su il caffè e mi chiedi come ho dormito e se ho fatto uno dei miei sogni strampalati.

Roma è fare la spesa da Conad suscitando la curiosità di un vecchiarello del quartiere.
“Signorina, è la seconda volta che ci incontriamo nel giro di poche ore. Lei è molto carina. Ma non è di qui, vero? Il suo accento me lo conferma.”
E’ inventarsi una storia verosimile, perchè i fatti miei non te li dico, vecchietto impiccione.

Roma è sedermi a fumare davanti alla finestra ed osservare le bottiglie di plastica anti piccioni che fiammeggiano al sole.
E’ cucinare per te e con te, lamentarmi delle tue pentole, regalarti il cestino per il bagno che non userai mai.

E’ guardarti mentre ti radi, ti spogli, ti lavi i denti.
E’ il non riuscire a dormire dopo la serata più lunga della mia vita, perchè tu stai russando e il tuo divano mi toglie la vita.

E’ il sapere di potermi addormentare al sicuro, anche se al sicuro non lo sono mai.
E’ quel volto, il tuo.

Che mi sembra di conoscere in ogni sua piega,ogni suo colore, ogni sua perfetta imperfezione.

E invece non lo so, non lo so mai davvero.
E mi piace, tanto.










mercoledì 13 giugno 2012

Signorina Cuorinfranti di Nathanael West


"Caro [...] ti scrivo perchè non riconosco più me stessa. Mi sento insoddisfatta e non riesco ad accettare le banalità della vita. Per non mostrare agli altri il mio tormento faccio la simpatica e la disinvolta, ma dentro di me sta per scoppiare una rivoluzione. [...] Mi fanno ridere tutti quei ragazzi che vedo andare a messa, la domenica mattina, con l'abito buono, a recitare la patetica parte dei figli perfettini, quando magari i loro sogni sono altri..."


Volevo essere felice a tredici anni, ma non sapevo come.
Allora ho preso una penna, un foglio ed ho scritto all'angolo della posta di un giornale, sicura che chi mi avrebbe letta sarebbe stato in grado di darmi la soluzione.
Cercavano questo forse “Cuore-Spezzato, Disperata, Stanca-di-tutto, Delusa-dal-marito-tubercolotico”?
Una soluzione?
Vergavano furiosamente la loro disperazione su carta scadente.
Ogni riga era, per Miss Lonelyhearts, una feroce staffilata.
Che cosa aveva capito da quando teneva quella rubrica sul New York Post Dispatch?
Solo una cosa contava per gli uomini e per le donne: la felicità.
Non contavano i soldi, la bellezza, la grammatica, la dignità, i viaggi.
Non contava chi raccoglieva le loro confidenze.
Contava solo la felicità.
Che lavoro assurdo era, quello?
All'inizio lo trovava divertente, buffo, molto meglio che fare il galoppino per pochi soldi.
Poi quell'ombra gli si era insinuata dentro e aveva compreso che Cristo, si, l'uomo insanguinato sulla croce che teneva di fronte al letto, sarebbe stato l'unica via da percorrere.
L'Arte, i sassi, il sesso, l'alcool, Dostoevskij non erano abbastanza.
Anche quando tutto gli esplodeva intorno e lo rendeva cieco, e l'odore della pelle di quella donna gli ricordava il whisky che non aveva bevuto, e la camminata di quell'uomo muoveva a pietà la sua mano, e le risate dei suoi colleghi lo facevano sentire l'Eletto.
Nulla poteva toccarlo, nemmeno quella corsa sulle scale, inebetito dalla grazia dello Spirito Santo.
Caro Nathanael West, grazie per avermi calciato le gengive con tutta questa tristezza made in America.
Se non fosse stato per te, avrei continuato a credere che il 1933 fosse stato solo un lungo, ultimo valzer con Zelda Fitzgerald.


"La maggior parte dei giorni riceveva più di trenta lettere, tutte uguali, ritagliate dalla sfoglia della sofferenza con lo stesso affilato stampino a forma di cuore."




Signorina Cuorinfranti
Nathanael West
Minimum Fax


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